A settembre, la cantante più irriverente e iconica della musica italiana compirà gli anni. Ecco il ritratto di una donna fuori dagli schemi che ha creato la sua moda ispirando, ancora oggi, le pop star internazionali
La cantante più irriverente e iconica della musica italiana si prepara a stupire ancora il suo pubblico. Personaggio prima ancora che i personaggi fossero inventati, influencer ante litteram, nessuno come lei ha sdoganato look unici e ha reso l’avanguardia, nello stile musicale come nella moda, terribilmente pop.
Settant’anni da compiere il prossimo settembre e oltre 40 anni di carriera hanno fatto di Loredana Bertè la signora (suo malgrado) del rock italiano, una donna per certi versi scomoda ma imitatissima. Una combattente in minigonna capace di rivoluzionare la sua vita per amore. E non solo della musica. Personalità complessa ma anche autentica, talmente fedele a se stessa da vivere contro tutto e tutti distinguendosi non solo per mezzo di una voce potente ma anche grazie a una forte personalità interpretativa e a uno stile da capogiro. Una vita turbolenta tra violenze, solitudini, recriminazioni ed eccessi non hanno che accresciuto quella sua fama di ribelle in tacchi alti, pronta a difendere in maniera viscerale i suoi affetti e le sue scelte di vita gridando da un palco la sua rabbia e rivendicando il diritto di essere sempre esattamente com’è.
Sopravvissuta a un’infanzia difficile, in grado di trasformare la sua furia in canzoni sfrontate e forti, Loredana Bertè ha fatto delle provocazioni la sua bandiera, sopra un palco come nella vita. Donna capace di sentimenti potenti, dalla sorella adorata alle amicizie paillettate passando per quegli amori sbagliati che l’hanno anestetizzata al dolore, è rimasta sempre se stessa. Un’esistenza da film che ha racchiuso, qualche anno fa, in un’autobiografia, «Traslocando. È andata così» e che ora, alla vigilia del suo settantesimo compleanno, fa pensare che, senza di lei, molte altre donne dello spettacolo non ci sarebbero state.
Perché tutto quello che sarebbe poco lecito immaginare, lei l’ha già vissuto.
Perché quanto di più bizzarro o curioso si potrebbe indossare, lei l’ha già reso, a suo tempo, scandaloso. E datato.
Perché la trasgressione, che per qualcuno è solo un vezzo, per lei è sempre stata vita.
«Sono sempre stata trasgressiva. Anche se, oggi, la trasgressione sta nella normalità. Provocare con look azzardati non è più rock: è una burinata». Ça va sans dire.
Ma se è impossibile riassumere la storia della sua vita, si può cercare di ricostruire per mezzo dei suoi look quel suo anticonformismo che in molte hanno cercato di imitare e che si è tradotto, per lei, in mise fuori dagli schemi che, se non hanno anticipato la moda, di sicuro l’hanno creata. A modo suo, naturalmente.
Partendo da Bagnara Calabra, città in cui è nata il 20 settembre 1950, Loredana Bertè ha collezionato un passato scintillante in cui ha conosciuto artisti, cantanti, registi, attori e fotografi, viaggiando in tutto il mondo e rialzandosi, dopo ogni fallimento, splendente nei suoi abiti come una fenice rock. Se la sua carriera comincia come ballerina del gruppo che accompagna Rita Pavone nei suoi spettacoli, è sul palco del Piper di Roma, con le prime esibizioni (e i look folli) con Renato Zero che Loredana Bertè si fa conoscere: sono gli anni 70 e, dopo gli scandali che seguono l’uscita del suo disco «Streaking» nella cui copertina compare senza veli, il successo discografico arriva con «Sei bellissima», divenuto un classico della musica italiana.
Da questo momento le hit si accompagnano a collaborazioni esclusive, grazie alle quali la Bertè diventa una delle interpreti predilette della canzone italiana d’autore, in cui le sonorità risentono delle influenze musicali dell’epoca e si caratterizzano per originalità. E lo stile della cantante non è da meno. Sono gli anni dei Festival (da Sanremo al Festivalbar) in cui le canzoni sono sempre accompagnate da esibizioni che rimangono in maniera prepotente nell’immaginario collettivo attraverso la televisione e i primi videoclip che cambiano il modo stesso di fruire la musica. Che non si sente solamente ma che si vede portando in primo piano quell’istrionismo che diventerà un tratto caratteristico dei cantanti, nell’accezione in cui lo intendiamo ora. E Loredana Bertè è un vero e proprio animale da palcoscenico, capace di conquistare un pubblico eterogeneo, in Italia e non solo.
Nel 1979 scala le classifiche nazionali con «E la luna bussò», un pezzo che risente delle sonorità giamaicane che lei stessa aveva scoperto grazie alla musica di Bob Marley e con quel tocco esotico che esplode nel videoclip della canzone, dove indossa i panni di una piratessa gipsy. Il suo outift è tutto costruito sugli accessori: cappello da pirata (molto prima che Johnny Deep lo trasformasse nel suo marchio di fabbrica), ironico orecchino a forma di ciuccio e, a coprire l’abito nero a balze bianche e nere, una fiammeggiante giacca in pelle rossa di Norma Kamali (la stessa che aveva firmato l’iconico costume, sempre rosso, indossato da Farrah Fawcett nel poster più venduto di tutti i tempi).
Eccentrica, anticonformista, a tratti scandalosa, non è un caso che la Bertè sia amata, in quegli anni, anche da Andy Warhol che conosce grazie a un altro rivoluzionario dello stile italiano esportato nel mondo, Elio Fiorucci. É in occasione dell’opening del negozio Fiorucci sulla 53esima strada a New York che la cantante e l’artista si conoscono: se all’inizio lui la scambia per la barista del locale, risolto il malinteso ne viene conquistato tanto da fare di «Pasta Queen», così soprannominata per le sue apprezzate doti culinarie, un’ospite fissa della sua Factory. E non solo. Mentre la cover dell’album newyorkese «Made in Italy», con il quale Loredana Bertè lancia la moda pirata, è realizzata da Christopher Makos, fotografo della Factory, il video del brano «Movie» è girato proprio dal genio della pop art (e sarà premiato postumo, nel 2004).
Sono questi gli anni nei quali le esibizioni della Bertè sono segnate dallo sperimentalismo stilistico, sia dal punto di vista musicale che per l’impronta folle che hanno i look che accompagnano le sue canzoni: nel momento in cui la cantante si innamora di un abito o di un accessorio, lo replica sul palco senza temere le reazioni del pubblico. Succede al Festivalbar quando, per cantare «In alto mare», Loredana Bertè si presenta fasciata in un vestito da sirena lungo e avvolgente, di un celeste squillante, con dettagli luminosi a forma di conchiglie sui seni e sulle spalline, gli stessi che si ripetono sull’orlo per creare una sorta di coda.
É il 1980 e prima di Lady Gaga, c’è Loredana Bertè. Che, oggi come ieri, rimarca il contributo che le celebrities internazionali le devono in quanto a ispirazione per i loro look. É proprio Lady Gaga che, nel 2011, durante la sua esibizione per la BBC Radio 1, si presenta con un finto pancione evidenziato da un abito di pelle nera, in un look molto simile a quello con il quale la Bertè fa scandalo durante il festival di Sanremo del 1986 (nessuno ricorda la canzone, la bellissima «Re» scritta da Mango, ma quell’outfit scandaloso rimane ancora oggi nella memoria di tutti). Ma Lady Gaga non si è fermata al pancione. Nella stessa occasione, si è cambiata e ha indossato un lungo abito nero in velo e pelle pressoché identico a quello, griffato Versace, che Loredana mette sul palco dell’Ariston dopo la prima chiacchierata performance con mise da gestante.
È Loredana Bertè a elencare in molte interviste tutte le popstar che, nel corso del tempo e anche a distanza di anni, hanno preso a modello i suoi look.
Tra queste c’è Madonna: impossibile dimenticare quando, durante la serata finale del Festivalbar nel 1982, la Berté si aggiudica il premio per la canzone dell’estate con «Non sono una signora» che canta vestendo un candido abito da sposa. E la stessa Louise Veronica Ciccone che rivoluziona, due anni dopo, il mondo della musica (e, soprattutto, il suo lato più modaiolo) indossando un abito bianco per il video del singolo «Like a Virgin» e per la copertina dell’album firmata Steven Meisel. Un abito che è una dichiarazione di indipendenza, quella di una donna forte, in cerca di affermazione e di successo, che si permette di indossare fuori dal matrimonio un vestito bianco deputato tradizionalmente ad altro, facendo fuori stereotipi e luoghi comuni. Un look rimasto talmente indelebile nella storia della musica da essere replicato da Britney Spears quando, agli MTV Music Awards del 2003, sul palco con Madonna e con Christina Aguilera, si presenta in versione sposa. Un salto ventennale che, dall’Arena di Verona arriva al Radio City Music Hall di New York unendo signore tanto diverse tra di loro ma accomunate dallo stesso desiderio di comunicare anche con quello che indossano.
Ma Madonna è protagonista di un altro aneddoto che sottolinea il suo bizzarro legame con Loredana Bertè: qualche anno fa, nel corso di un’intervista, è quest’ultima a raccontare come la pop star americana, in occasione di uno shooting fotografico a Los Angeles, si fosse impadronita di un suo giubbotto di Moschino, da lei poi usato per una campagna pubblicitaria. Naturalmente, al suo ritorno in Italia, fu lo stesso Moschino informato del fatto, a realizzarne uno su misura e personalizzato apposta per Loredana…
E che dire di Rihanna? Nel 2014, sul red carpet dei CFDA Awards, la pop star delle Barbados si presenta vestita solo di 216mila Swarovsky (e da un collo di pelliccia) effetto nude look per ritirare il premio di icona della moda dell’anno. Ma, anche questa volta, nulla di nuovo sotto il sole. Perchè Loredana Bertè, nel 1985 a Fantastico, aveva già sfoggiato un look analogo cantando «Petalo»: un vestito supersexy tempestato di cristalli luminosi, dal profondo scollo a V e abbinato un collo di pelliccia…
Fonte di ispirazione e anticipatrice di tendenze, la Bertè è stata spesso accomunata a un’altra leggenda della musica internazionale, non solo per la grinta ma anche e soprattutto per le gambe spesso lasciate scoperte con le quali ha incantato i palchi di tutto il mondo, Tina Turner. Un tributo che si vede, anche, quando nel 1985, sempre a Verona e sempre al Festivalbar per cantare «Iris», Loredana Bertè indossa un mini dress in paillettes color argento, tagliato a sottoveste (che lascia poco spazio all’immaginazione) ma che, invece che essere indossato con alti ankle boot come la regina del rock ‘n’ roll, sdrammatizza con un paio di camperos. La criniera lasciata volutamente selvaggia, però, testimonia la vicinanza tra le due cantanti.
Che Loredana Bertè abbia sempre amato mettere in evidenza il suo corpo, è un fatto: la predilezione per abiti corti, e per modelli capaci di accrescere la sua carica sensuale, l’ha portata spesso a farsi paladina dello slip dress, molto prima che le cosiddette it girl lo rendessero il must have del loro stile. E che ora, in tempi di quarantena e di domicilio forzato, si è rivelato la vera tendenza della primavera estate 2020: abito multitasking per eccellenza, versatile e capace di abbandonare il reparto lingerie del guardaroba per scendere in strada abbinandosi a t shirt e blazer, è perfetto per rimanere tra le mura di casa senza rinunciare allo stile. Ma naturalmente, la prima a portarlo fuori dalla camera da letto è stata proprio Loredana Bertè che, nel videoclip di «Stare fuori» del 1982, indossa una lunga sottoveste in satin di seta non facendo mistero, negli anni a venire, dalla sua predilezione per questo capo seducente e femminile che sfoggerà in più di un’occasione.
Proprio la femminilità è in primo piano per la cantante che, da sempre, la celebra esaltando la sua fisicità: dalla passione per i capi in pelle a quella per i colori accesi e forti, uno su tutti il rosso, (celebre l’abito guepiere indossato per cantare «La corda giusta» e firmato Jean Paul Gaultier, naturalmente cortissimo e abbinato a tacchi altissimi) passando per il pizzo che, molto prima di Madonna, diventa sinonimo di Bertè style.
Eclettica nella vita come nello stile, negli ultimi anni Loredana Bertè si è affidata alla sartorialità di un giovane stilista milanese, Gianluca Saitto, capace di rappresentare con gli abiti l’evoluzione continua di una personalità irruente e unica come la sua. Con un cambiamento rispetto al passato: perchè se le forme e le lunghezze sono sempre quelle amate da Loredana Berté, la stranezza è passata in secondo piano a favore di un approccio più pacato e meno eccentrico. Una scelta ancora una volta originale per un personaggio che precorre sempre i tempi e che oggi affida alla normalità il compito di mostrare il suo carattere forte e ribelle, da vera signora della musica. (riproduzione riservata)